giovedì 10 dicembre 2020

Avvoltoi in Val Degano?

No: non è la reintroduzione di avifauna di grandi dimensioni bensì un' aggressione a carico dei corsi d'acqua che dopo aver interessato le valli del Fella e del Piave ha ora per obiettivo la Valle del Degano.

Si tratta di un attività sistematica ad opera di soggetti diversi che si stanno contendendo a colpi di richieste di concessione quello che resta dell'acqua utilizzabile a scopi idroelettrici; quella cioè che non è già stata captata dall'ex Sade nel corso degli anni cinquanta e sessanta.

Con modalità analoghe a quelle impiegate nel vicino Cadore, proprio quando questo anno sciagurato si approssima alla fine, soggetti mai visti in precedenza fanno pervenire alle amministrazioni tramite gli uffici regionali progetti per nuove derivazioni per usi idroelettrici.
Ai Comuni di Ovaro e Comeglians è stato reso noto nei giorni scorsi che “le società EN.RI.COM S.r.l. e PARTEL S.r.l. hanno presentato in data 6 febbraio 2014, domanda di concessione per la derivazione d’acqua, ad uso idroelettrico, dal torrente Degano”. Si precisa che la documentazione relativa al progetto “sarà consultabile nel sito istituzionale della Regione a decorrere dal giorno 2 dicembre 2020 e fino a tutto il giorno 16 dicembre 2020, ed eventuali osservazioni e/o opposizioni potranno essere presentate al Servizio gestione risorse idriche entro il giorno 4 gennaio 2021”. Tolte le feste ci sono quindi poco di quindici giorni per esaminare il progetto e presentare controdeduzioni.

Negli ultimi anni sulla località Patossera si è particolarmente infierito venendo coinvolta in successione dall' ampliamento della cava di gesso fino a spingersi a poche decine di metri dalle ultime case e dalla realizzazione di una centrale di trasformazione in media tensione di E-distribuzione, una zona industriale ed un centro di valle per la raccolta dei rifiuti.



Basta? Non basta perché adesso esce fuori anche questa faccenda della centrale elettrica.

Dalle ricerche fatte, la società Partel con sede in Valdobbiadene ha in piedi una pratica analoga per la captazione delle acque del Piave in località Santo Stefano di Cadore. Anche in quel caso si presenta con una società partner, che a Ovaro è la ENRICOM con sede in viale Miramare 271/1 a Trieste.

Le acque da utilizzare per l’impianto sono quelle del torrente Degano e diversamente da altri impianti che utilizzano salti di quota, la centrale progettata verrebbe realizzata in un tratto del corso d’acqua pressoché pianeggiante.

Va spiegato che il funzionamento di qualsiasi generatore che sfrutti l’energia idraulica richiede un salto di quota che nel caso delle cascate o degli sbarramenti è di tipo puntuale; dove non c’è dislivello è richiesto il trasporto in condotta forzata fino ad un punto in cui le pale dei generatori vengano mosse con la forza richiesta. Nel nostro caso la coppia di turbine Francis previste richiedono un differenziale di circa 20 metri dal punto di prelievo alla sala macchine pertanto l’acqua dovrà compiere un tragitto in condotta pari a circa un chilometro e mezzo e per tale tratta la stessa quantità di acqua verrà sottratta al corso d'acqua.

Dai dati di progetto, il range di funzionamento dei generatori prevede un afflusso compreso d’acqua tra i 340 ed i 3.800 litri al secondo dove il prelievo massimo risulterebbe addirittura superiore alla portata totale del Degano nei mesi di gennaio, febbraio e marzo.



Avendo esperienza di quella presa in giro che si chiama deflusso minimo vitale precisiamo al lettore che si tratta della solita foglia di fico: la centrale per garantire una resa deve funzionare sempre, quindi i dispositivi che regolano le portate sono progettati non tanto in funzione del mantenimento delle condizioni quo ante del corso d’acqua ma piuttosto per garantire una portata sufficiente alle turbine. Inoltre pare che non esistano dati di portata aggiornati per il nostro corso d’acqua ma solamente estrapolazioni “attualizzate” ricavate dai dati del 1959 che esistono solamente per i tratti a valle (misurazioni in località San Martino e Ponte Pesarina). La progettazione ed il dimensionamento sono stati dunque sviluppati su estrapolazioni che appassionerebbero i sofisiti se non anche gli empiristi: dei calcoli da presocratici!

Nella relazione geologica viene inoltre evidenziato che il Degano è caratterizzato da un letto occupato da ghiaie per la profondità di oltre 10 metri; caratteristica che impone l’impiego di micropali per ancorare lo sbarramento e le opere di presa. Allargandosi moltissimo il letto del torrente dopo la chiusa di San Girogio questa peculiarità potrebbe determinare a portata dimezzata la scomparsa alla vista dell’acqua come già accade più a valle.

Non importa: a giustificazione dell’evidenza che per oltre un chilometro la portata del Degano verrà ridotta -quando va bene- della metà, i progettisti spiegano che siccome ai lati dell'alveo si è sviluppata della vegetazione arbustiva, l'acqua non la vediamo neanche adesso e quindi è ininfluente che ci sia o no.

Ignorano ovviamente, fra le altre, che poco sopra l'opera di presa si immette nel corso d'acqua di fondovalle il rio Margò. Questo torrente ha una caratteristica particolare che ovviamente uno da fuori ignora: funge da fognatura a Ravascletto che negli anni non si è mai dotato di un depuratore e sversa da un grosso condotto a sezione rettangolare reflui poco o niente trattati direttamente nell’affluente del Degano.

Questa situazione, ben nota ad Arpa ha determinato il rigetto di una richiesta di derivazione mezzo chilometro più a monte motivata dalla considerazione che passando in turbina l’acqua sporca la si sarebbe rallentata riducendo conseguentemente la capacità di asporto dei reflui.

Trattandosi della stessa acqua ci chiediamo se il problema sia stato minimamente preso in considerazione, così come se si sia considerato che a fine ottobre 2018 (quattro anni dopo la presentazione del progetto in Regione) il Degano si è portato via un ponte stradale proprio appena sotto al punto dove dovrebbe venire ubicata l’opera di presa.

Senza soffermarci troppo sull’impatto dei lavori (incremento del traffico pesante, rumori, impossibilità a circolare lungo il tratto stradale dove verrà interrata la condotta forzata), vanno evidenziati i problemi tipici derivanti dalla presenza di una centrale in corso di esercizio:



A questi elementi vanno sommate problematiche specifiche, quali la presenza di una riserva per ripopolamento di fauna ittica in coincidenza con l' opera di presa, l'esistenza di un ristorante (il River's) al dilà del fiume proprio di fronte alla centrale progettata con relativo condotto di rilascio di una massa d'acqua pari a 1.500 lt/secondo.

Comunque a riprova della magnanimità dei proponenti, la relazione evidenzia che “l’impianto avrebbe potuto sviluppare potenze e produzioni superiori qualora fosse stato spostato verso valle di circa 300-500 m l’edificio centrale. Volutamente non è stata adottata tale soluzione in quanto sarebbe stato interessato dalla sottensione anche il Ponte Patossera con significativi impatti paesaggistici ed idraulici”.

Magnanimi ma prepotenti, in quanto già nel progetto preliminare precisano che ove “non si addivenisse alla acquisizione del titolo per la occupazione temporanea e definitiva dei suoli a mezzo di accordo bonario i proprietari dei terreni interessati verrebbero assoggettati a procedura espropriativa”.

A dire il vero tale procedura ci risulta venga attuata -eventualmente- a cura dell'Ente deputato (e certo non da parte di una società privata) ed è condizionata al riconoscimento della 
pubblica utilità, tutto da dimostrare.

Per fortuna almeno si sono ricordati del ponte -ci diciamo- ma ora qualcuno, dopo il crollo di ben due opere stradali tra Ovaro e Comeglians (ponte su Strada regionale in località San Giorgio; spalla del Ponte di San Martino nella località omonima), dovrebbe quanto meno richiedere una rivalutazione aggiornata di impatto per l'intervento proposto. 

Questa non è che l'anteprima di uno scenario in cui ulteriori centrali verranno via via realizzate: presso i Comuni di Forni Avoltri e Rigolato pendono altre due domande di derivazioni per utilizzi idroelettrici ed i loro promotori sono carnici. Locali o foresti il risultato non cambia: corsi d'acqua impoveriti a vantaggio di privati arricchiti.

Questo attacco alle risorse della Carnia dovrebbe indurre la politica e chi di dovere a chiarire eventuali responsabilità e l’Amministrazione Regionale, i Consiglieri con i relativi partiti ad un profondo riesame della politica “liberista” sin qui adottata nel settore idroelettrico. Tanto più che mettere un corso d’acqua nelle mani di un privato per 30 anni più le facili proroghe non è un buon affare per la comunità dal momento che -come già detto- sul rilascio del minimo deflusso ecologico non c’è nessun controllo.

Basta che negli uffici del competente assessorato guardino la cartina della regione riportante le tantissime derivazioni idroelettriche in atto per dire un motivato e ragionevole “BASTA!” Un “basta!” che deve venire da tutte le persone responsabili e di buon senso poichè ce lo impongono i cambiamenti climatici in atto e perché l’acqua è un bene preziosissimo di cui dobbiamo smettere di abusare ritenendola inesuaribile: abusare dell’acqua è “scherzare con il fuoco”!.

Gli Amministratori comunali non risolvono i problemi della loro comunità e delle valli sofferenti mettendosi dalla parte del concessionario privato per percepire qualche elemosina attraverso il BIM; al contrario devono porsi l’obiettivo che siano i loro Comuni i protagonisti del corretto utilizzo delle risorse -tra le quali l’acqua è di fondamentale importanza- a vantaggio dei loro abitanti. 

Già, il servizio idrico! Come quella del Degano, anche quella del rubinetto di casa è acqua nostra, delle nostre sorgenti montane. Purtroppo da quando non è più comunale è diventata “salata”! Bisogna “dissalarla” restituendo al Comune la sua tariffazione ed -auspicabilmente- la sua oculata gestione come avveniva in passato.





















Nessun commento:

Posta un commento