giovedì 24 dicembre 2020

Ci rivendono la nostra acqua!


Lo scariico di troppo pieno dell'acquedotto di Ludaria
   Puntuale, al sopraggiungere della stagione fredda, Cafc rinnova agli utenti raccoman- dazioni per la corretta costodia dei contatori dell'acqua. La società sa benissimo che in montagna il misuratore è un componente fragile, così ha pensato bene di trasformare gli utenti in... custodi di un' apparecchiatura che -salvo eccezioni- non hanno mai chiesto e che essenzialmente in un territorio ricco di acqua non si capisce a cosa serva, visto che il liquido proviene dalle sorgenti, discende lungo i condotti per gravità così come sgorga ed è talmente abbondante che dal troppo pieno viene reimmesso in gran copia in fognatura, se non direttamente nei corsi d'acqua (V. immagine a lato).

Nel frattempo, a mezzo stampa il Presidente del Cafc Benigno (sarà forse benigno con gli udinesi, certo non con noi) continua a martellarci con la narrazione di scelte obbligate e obiettivi irrinunciabili che per la montagna si traducono unicamente nel dover contribuire ad investimenti di scarsa o nulla utilità (chissà a cosa dovrebbero servirci lo smart metering o la realtà aumentata per far scendere l'acqua per caduta dall' opera di presa al rubinetto?).

L'ultima di oggi è la presentazione di un piano industriale da 90 milioni di euro "che non comporterà nessun aumento delle tariffe dell'acqua". Grazie, ma a noi non interessa che non aumentino; devono venire diminuite ed il gioco ora è scoperto: si creano ad hoc dei nuovi investimenti per giustificare la fatturazione esosa dell'acqua che sgorga appena sopra casa e non deve far altro che ruscellare giù come sempre stato dall'inizio del mondo.

A furia di venire inghiottito da pesci di dimensioni crescenti il sistema idropotabile del nostro Comune -che sarebbe totalmente autosufficiente- ha ora un peso sul totale dello 0,0472%; in possesso di tutto il necessario non ha nessuna incidenza sui processi decisionali che riguardano la SUA risorsa, gestita e rivendutaci dal Cafc.

Questa adesione forzata, esente da qualsivoglia beneficio, ha solamente comportato l'amplificazione elefantiaca delle bollette fino a suscitare l'indignazione nientemento che di Gianni Da Pozzo Presidente di Confcommercio (e se le fatture le ritiene sconce lui stateci: sono sconce). Non è mancato il botta e risposta del Presidente Benigno che continua a batterla su innovazione e investimenti. Ma scusate: se porto in officina la mia macchinina vecchia alimentata da un carburatore Solex, dovrò mica pagarlo io il centro diagnosi per centraline elettroniche che non ho neanche lo spinotto multipolo per poterlo collegare?  

In definitiva tutta questa innovazione potrà anche rappresentare un costo giustificato in un contesto urbano dotato di un sistema di raccolta e trasporto dell' acqua potabile complicato da trattamenti, sollevamenti, filtraggi, ma é priva di senso per noi e significa semplicemente che in bolletta ci troveremo degli ulteriori costi che si sommano ai conguagli che sono arrivati con effetto retroattivo dall'anno 2018, periodo che avevamo tutte le ragioni di ritenere saldato e viceversa ora risulterebbe che era solo un acconto da compensare in base a calcoli illeggibili che per quanto ne so io potrebbero essere tranquillamente inventati di sana pianta allo scopo di fare cassa).






domenica 13 dicembre 2020

Pianura illuminata e montagna al buio - di Franceschino Barazzutti

 

Puntuale, come in ogni maltempo, anche questa volta si è ripetuta la stessa situazione: paesi della montagna rimasti al buio ed al freddo a causa dei guasti alla rete di distribuzione dell’energia elettrica. Situazione paradossale poiché a rimanere al buio sono quelle valli dove grandi centrali e tante centraline idroelettriche producono energia.

Riporto solo a titolo di esempio e perché significativa la situazione dell’Alta Val Degano che finisce spesso nella cronaca giornalistica per le interruzioni della corrente elettrica a causa del maltempo nonostante la notevole presenza delle centrali idroelettriche di Luincis-Applis, del Vaglina, di Magnanins, del Fulin, del Degano ad Avoltri, della società Monte Cucco.

Il fatto che a rimanere al buio siano proprio le località di montagna dove si produce l’energia elettrica induce una serie di considerazioni sulle cause e sui rimedi.

Nell’articolata società moderna sono i territori di pianura, urbani, industriali a costituire la struttura economica e finanziaria portante del paese finendo per essere dominanti anche sul piano culturale e politico, oltre che territoriale. Ne consegue che ai territori cosiddetti marginali, quali sono per lo più quelli montani, viene assegnato un ruolo “di servizio” che li mantiene nella loro marginalità: non consumatori ma solo produttori di energia elettrica sfruttando all’inverosimile la risorsa principale della montagna che è l’acqua. Energia da portare altrove su impattanti elettrodotti aerei anziché interrati e lasciare invece in loco il territorio con i fiumi, torrenti e persino ruscelli ridotti a nude pietraie senza un filo d’acqua.

La legislazione nazionale è conseguente, tant’è che prevede che, eccezion fatta per le cooperative energetiche, i produttori idroelettrici della nostra montagna debbano conferire l’energia prodotta alle società dispacciatrici Terna e Enel che la trasportano innanzitutto nei citati territori di pianura, urbani, popolosi ed industriali che assicurano buoni profitti ai loro azionisti per quasi il 50% stranieri. In tale contesto diventa di secondaria importanza per tali società la puntuale fornitura ai territori montani marginali e disagiati che non “rendono” finanziariamente a causa dei pochi abitanti-utenti per lo più vecchi. Territori che quindi vengono trascurati negli investimenti e nella gestione delle linee che, nelle particolari condizioni ambientali e paesaggistiche della montagna, si dovrebbero interrare e non ricorrere alla comoda attribuzione di colpa a quegli alberi che sotto il peso della neve o la forza del vento cadono sulle linee elettriche aeree.

Quello dell’idroelettrico è un aspetto settoriale del più generale rapporto distorto tra realtà urbane e periferie montane. Provvedere a raddrizzare la stortura di tale rapporto è compito e dovere delle politica nazionale con adeguati provvedimenti legislativi, mezzi e non solo. Innanzitutto abolendo l’obbligo del conferimento dell’energia prodotta ai dispacciatori Terna ed Enel lasciando a disposizione del territorio di produzione la quantità di energia ad esso necessaria. Così, per esempio, per evitare che Forni Avoltri resti senza corrente elettrica basterebbe la posa di un centinaio di metri di cavo per collegare la centrale idroelettrica della Comunità Montana direttamente alla rete di distribuzione interrata dell’abitato. Lo stesso potrebbe essere realizzato in altre analoghe situazioni.

La legge sul passaggio del grande idroelettrico alle regioni va in questa giusta direzione prevedendo tra l’altro che parte dell’energia prodotta venga gratuitamente consegnata alla Regione per essere utilizzata nei territori montani di produzione. Si tratta di ampliare tale disposizione anche alle tante invasive centraline dal momento che i loro proprietari privati realizzano profitti sfruttando l’acqua che è un bene delle comunità locali. Invero, per raddrizzare la citata stortura è ormai indilazionabile – essendo l’ultima la n.1102 del 1971 - l’adozione di una nuova legge nazionale organica sulla montagna, che ponga in campo adeguati strumenti e mezzi.

A raddrizzare tale stortura è chiamata anche la nostra Regione costituendo senza ulteriori indugi la propria società energetica (SEFVG) a capitale pubblico da tempo annunciata sull’esempio delle province autonome di Trento e Bolzano. Società che assuma la gestione non solo del grande idroelettrico ma anche delle centraline le cui concessioni vengono via via a scadenza. Inoltre va posto fine alla politica regionale di rilascio di concessioni a dritta e a manca per la costruzione di centraline idroelettriche persino sugli ormai rari corsi d’acqua rimasti liberi da parte di privati nelle mani dei quali vengono consegnati per 30 anni per produrre profitti che vanno nelle loro tasche e non già a beneficio delle comunità locali.

Sono chiamati anche i Comuni che, prendendo esempio da quelli trentini, dovrebbero essere loro, singolarmente o associati, a produrre e distribuire energia elettrica alle proprie comunità anziché favorire i derivatori privati per ricevere in compensazione la sistemazione di qualche marciapiede, il che va meglio definito come obolo. Sono chiamate anche le nuove Comunità Montane, in particolare quella della Carnia, che disponendo già di un proprio parco di centrali idroelettriche potrà e dovrà sviluppare una politica tesa a creare sinergie con la Società Elettrica Cooperativa Alto But (SECAB) e la Cooperativa Elettrica di Forni di Sopra, storiche cooperative che hanno maturato una notevole esperienza, al fine di raggiungere se non un’autonomia energetica della Carnia almeno, inizialmente, di ogni singola vallata. Sono chiamati anche gli abitanti della montagna a brontolare meno nelle poche osterie rimaste ed a interessarsi di più al proprio territorio ed alla propria comunità per contribuire a risolverne i problemi.

Franceschino Barazzutti  - (già presidente del Consorzio
 del Bacino Imbrifero Montano del Tagliamento,
già sindaco di Cavazzo Carnico) 













giovedì 10 dicembre 2020

Avvoltoi in Val Degano?

No: non è la reintroduzione di avifauna di grandi dimensioni bensì un' aggressione a carico dei corsi d'acqua che dopo aver interessato le valli del Fella e del Piave ha ora per obiettivo la Valle del Degano.

Si tratta di un attività sistematica ad opera di soggetti diversi che si stanno contendendo a colpi di richieste di concessione quello che resta dell'acqua utilizzabile a scopi idroelettrici; quella cioè che non è già stata captata dall'ex Sade nel corso degli anni cinquanta e sessanta.

Con modalità analoghe a quelle impiegate nel vicino Cadore, proprio quando questo anno sciagurato si approssima alla fine, soggetti mai visti in precedenza fanno pervenire alle amministrazioni tramite gli uffici regionali progetti per nuove derivazioni per usi idroelettrici.
Ai Comuni di Ovaro e Comeglians è stato reso noto nei giorni scorsi che “le società EN.RI.COM S.r.l. e PARTEL S.r.l. hanno presentato in data 6 febbraio 2014, domanda di concessione per la derivazione d’acqua, ad uso idroelettrico, dal torrente Degano”. Si precisa che la documentazione relativa al progetto “sarà consultabile nel sito istituzionale della Regione a decorrere dal giorno 2 dicembre 2020 e fino a tutto il giorno 16 dicembre 2020, ed eventuali osservazioni e/o opposizioni potranno essere presentate al Servizio gestione risorse idriche entro il giorno 4 gennaio 2021”. Tolte le feste ci sono quindi poco di quindici giorni per esaminare il progetto e presentare controdeduzioni.

Negli ultimi anni sulla località Patossera si è particolarmente infierito venendo coinvolta in successione dall' ampliamento della cava di gesso fino a spingersi a poche decine di metri dalle ultime case e dalla realizzazione di una centrale di trasformazione in media tensione di E-distribuzione, una zona industriale ed un centro di valle per la raccolta dei rifiuti.



Basta? Non basta perché adesso esce fuori anche questa faccenda della centrale elettrica.

Dalle ricerche fatte, la società Partel con sede in Valdobbiadene ha in piedi una pratica analoga per la captazione delle acque del Piave in località Santo Stefano di Cadore. Anche in quel caso si presenta con una società partner, che a Ovaro è la ENRICOM con sede in viale Miramare 271/1 a Trieste.

Le acque da utilizzare per l’impianto sono quelle del torrente Degano e diversamente da altri impianti che utilizzano salti di quota, la centrale progettata verrebbe realizzata in un tratto del corso d’acqua pressoché pianeggiante.

Va spiegato che il funzionamento di qualsiasi generatore che sfrutti l’energia idraulica richiede un salto di quota che nel caso delle cascate o degli sbarramenti è di tipo puntuale; dove non c’è dislivello è richiesto il trasporto in condotta forzata fino ad un punto in cui le pale dei generatori vengano mosse con la forza richiesta. Nel nostro caso la coppia di turbine Francis previste richiedono un differenziale di circa 20 metri dal punto di prelievo alla sala macchine pertanto l’acqua dovrà compiere un tragitto in condotta pari a circa un chilometro e mezzo e per tale tratta la stessa quantità di acqua verrà sottratta al corso d'acqua.

Dai dati di progetto, il range di funzionamento dei generatori prevede un afflusso compreso d’acqua tra i 340 ed i 3.800 litri al secondo dove il prelievo massimo risulterebbe addirittura superiore alla portata totale del Degano nei mesi di gennaio, febbraio e marzo.



Avendo esperienza di quella presa in giro che si chiama deflusso minimo vitale precisiamo al lettore che si tratta della solita foglia di fico: la centrale per garantire una resa deve funzionare sempre, quindi i dispositivi che regolano le portate sono progettati non tanto in funzione del mantenimento delle condizioni quo ante del corso d’acqua ma piuttosto per garantire una portata sufficiente alle turbine. Inoltre pare che non esistano dati di portata aggiornati per il nostro corso d’acqua ma solamente estrapolazioni “attualizzate” ricavate dai dati del 1959 che esistono solamente per i tratti a valle (misurazioni in località San Martino e Ponte Pesarina). La progettazione ed il dimensionamento sono stati dunque sviluppati su estrapolazioni che appassionerebbero i sofisiti se non anche gli empiristi: dei calcoli da presocratici!

Nella relazione geologica viene inoltre evidenziato che il Degano è caratterizzato da un letto occupato da ghiaie per la profondità di oltre 10 metri; caratteristica che impone l’impiego di micropali per ancorare lo sbarramento e le opere di presa. Allargandosi moltissimo il letto del torrente dopo la chiusa di San Girogio questa peculiarità potrebbe determinare a portata dimezzata la scomparsa alla vista dell’acqua come già accade più a valle.

Non importa: a giustificazione dell’evidenza che per oltre un chilometro la portata del Degano verrà ridotta -quando va bene- della metà, i progettisti spiegano che siccome ai lati dell'alveo si è sviluppata della vegetazione arbustiva, l'acqua non la vediamo neanche adesso e quindi è ininfluente che ci sia o no.

Ignorano ovviamente, fra le altre, che poco sopra l'opera di presa si immette nel corso d'acqua di fondovalle il rio Margò. Questo torrente ha una caratteristica particolare che ovviamente uno da fuori ignora: funge da fognatura a Ravascletto che negli anni non si è mai dotato di un depuratore e sversa da un grosso condotto a sezione rettangolare reflui poco o niente trattati direttamente nell’affluente del Degano.

Questa situazione, ben nota ad Arpa ha determinato il rigetto di una richiesta di derivazione mezzo chilometro più a monte motivata dalla considerazione che passando in turbina l’acqua sporca la si sarebbe rallentata riducendo conseguentemente la capacità di asporto dei reflui.

Trattandosi della stessa acqua ci chiediamo se il problema sia stato minimamente preso in considerazione, così come se si sia considerato che a fine ottobre 2018 (quattro anni dopo la presentazione del progetto in Regione) il Degano si è portato via un ponte stradale proprio appena sotto al punto dove dovrebbe venire ubicata l’opera di presa.

Senza soffermarci troppo sull’impatto dei lavori (incremento del traffico pesante, rumori, impossibilità a circolare lungo il tratto stradale dove verrà interrata la condotta forzata), vanno evidenziati i problemi tipici derivanti dalla presenza di una centrale in corso di esercizio:



A questi elementi vanno sommate problematiche specifiche, quali la presenza di una riserva per ripopolamento di fauna ittica in coincidenza con l' opera di presa, l'esistenza di un ristorante (il River's) al dilà del fiume proprio di fronte alla centrale progettata con relativo condotto di rilascio di una massa d'acqua pari a 1.500 lt/secondo.

Comunque a riprova della magnanimità dei proponenti, la relazione evidenzia che “l’impianto avrebbe potuto sviluppare potenze e produzioni superiori qualora fosse stato spostato verso valle di circa 300-500 m l’edificio centrale. Volutamente non è stata adottata tale soluzione in quanto sarebbe stato interessato dalla sottensione anche il Ponte Patossera con significativi impatti paesaggistici ed idraulici”.

Magnanimi ma prepotenti, in quanto già nel progetto preliminare precisano che ove “non si addivenisse alla acquisizione del titolo per la occupazione temporanea e definitiva dei suoli a mezzo di accordo bonario i proprietari dei terreni interessati verrebbero assoggettati a procedura espropriativa”.

A dire il vero tale procedura ci risulta venga attuata -eventualmente- a cura dell'Ente deputato (e certo non da parte di una società privata) ed è condizionata al riconoscimento della 
pubblica utilità, tutto da dimostrare.

Per fortuna almeno si sono ricordati del ponte -ci diciamo- ma ora qualcuno, dopo il crollo di ben due opere stradali tra Ovaro e Comeglians (ponte su Strada regionale in località San Giorgio; spalla del Ponte di San Martino nella località omonima), dovrebbe quanto meno richiedere una rivalutazione aggiornata di impatto per l'intervento proposto. 

Questa non è che l'anteprima di uno scenario in cui ulteriori centrali verranno via via realizzate: presso i Comuni di Forni Avoltri e Rigolato pendono altre due domande di derivazioni per utilizzi idroelettrici ed i loro promotori sono carnici. Locali o foresti il risultato non cambia: corsi d'acqua impoveriti a vantaggio di privati arricchiti.

Questo attacco alle risorse della Carnia dovrebbe indurre la politica e chi di dovere a chiarire eventuali responsabilità e l’Amministrazione Regionale, i Consiglieri con i relativi partiti ad un profondo riesame della politica “liberista” sin qui adottata nel settore idroelettrico. Tanto più che mettere un corso d’acqua nelle mani di un privato per 30 anni più le facili proroghe non è un buon affare per la comunità dal momento che -come già detto- sul rilascio del minimo deflusso ecologico non c’è nessun controllo.

Basta che negli uffici del competente assessorato guardino la cartina della regione riportante le tantissime derivazioni idroelettriche in atto per dire un motivato e ragionevole “BASTA!” Un “basta!” che deve venire da tutte le persone responsabili e di buon senso poichè ce lo impongono i cambiamenti climatici in atto e perché l’acqua è un bene preziosissimo di cui dobbiamo smettere di abusare ritenendola inesuaribile: abusare dell’acqua è “scherzare con il fuoco”!.

Gli Amministratori comunali non risolvono i problemi della loro comunità e delle valli sofferenti mettendosi dalla parte del concessionario privato per percepire qualche elemosina attraverso il BIM; al contrario devono porsi l’obiettivo che siano i loro Comuni i protagonisti del corretto utilizzo delle risorse -tra le quali l’acqua è di fondamentale importanza- a vantaggio dei loro abitanti. 

Già, il servizio idrico! Come quella del Degano, anche quella del rubinetto di casa è acqua nostra, delle nostre sorgenti montane. Purtroppo da quando non è più comunale è diventata “salata”! Bisogna “dissalarla” restituendo al Comune la sua tariffazione ed -auspicabilmente- la sua oculata gestione come avveniva in passato.